Per molti bambini e ragazzi il tempo trascorso a scuola sembra apparire una parte infelice dell’intera giornata. Se facessimo loro la domanda “ti piace andare a scuola?” quante risposte positive otterremmo?

E questo non è certo un male della sola modernità, ma anzi è un male antico da cui la modernità non riesce ancora a guarire: leggete cosa scriveva Giacomo Leopardi nello Zibaldone, era il 1823:

La più bella e fortunata età dell’uomo, la sola che potrebb’esser felice oggidì, ch’è la fanciullezza, è tormentata in mille modi, con mille angustie, timori, fatiche dall’educazione e dall’istruzione, tanto che l’uomo adulto, anche in mezzo all’infelicità che porta la cognizion del vero, il disinganno, la noia della vita, l’assopimento della immaginazione, non accetterebbe di tornar fanciullo colla condizione di soffrir quello stesso che nella fanciullezza ha sofferto.

Il poeta parlava di sofferenza e ci si chiede per quale motivo l’andare a scuola, ancora oggi (o soprattutto oggi?), dovrebbe essere vissuto come una sofferenza; e ci si chiede anche se sia possibile invertire questo sentimento.

Ovviamente non è così per tutti, ne per tutte le scuole; ci sono stati e ci sono casi eccellenti di scuole e/o contesti educativi nei quali chi li frequenta lo fa con passione e felicità, e non vorrebbe mai fare un’assenza. Ma se ci sono state, e ci sono, queste poche isole felici, perché queste non dovrebbero costituire un modello di riferimento per formare un enorme arcipelago?

Reggio Children (foto dell’autore)

Ci sono poi anche altri piccoli isolotti, luoghi di apprendimento extrascolastici (che pratico come educatore), nei quali i ragazzi sono felici di andare:

qui vengo volentieri perché non è come a scuola

Ed i genitori confermano

Oggi non stava bene ma è voluto venire lo stesso

foto dell’autore

Mi viene da pensare che se all’arcipelago di prima aggiungessimo anche questi isolotti, avremmo una rete di luoghi di apprendimento in grado di creare una intelligenza educativa tale da essere motore di un nuovo sviluppo…. (troppo?)

Invertire il sentimento di cui parlava il poeta dovrebbe essere un’obiettivo fondante di scuole, dopo scuole, corsi, laboratori ed affini. Praticare un’attività di apprendimento non dovrebbe essere vissuta come una sofferenza, come un’amara medicina che va presa per forza e mal volentieri.

La sofferenza va sostituita con il “duro-divertimento”, l’hard fun di cui parla Mitchel Resnick, nel quale anche frustrazione, ansia, fallimento sono canalizzati e messi al servizio di una più forte motivazione e passione che ti spinge a perseverare e proseguire nel tuo progetto-idea.

Nina T. — 12 (foto dell’autore)

Bisognerebbe quindi creare degli ambienti di apprendimento che si frequentino volentieri, dove ci si va perché si vive il duro-divertimento, dove si può sbagliare, sperimentare, copiare, imparare dagli altri, e collaborare a progetti sfidanti, e dove si impara ad imparare.

Insomma, da infelici di studiare a felici di apprendere.


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