Era notte, non ricordo l’ora ma ero di turno e stazionavo nella Main Control Room dell’ESA/ESOC a Darmstadt. Stavo stravaccato su una poltrona e mi gustavo le immagini in diretta dalla NASA, riprese dalle telecamere posizionate sullo Shuttle Atlantis.
Ad un certo punto l’ambiente si animò di altre donne e uomini, come noi parte del Flight Control Team, e che seppur non di turno, non volevano perdersi l’evento. Eravamo tutti con gli occhi puntati sul grande monitor, in ansiosa attesa per quello che stava per accadere.
Da li a poco vedemmo la stiva dello Shuttle aprirsi; il satellite Eureca, l’obiettivo della nostra missione , era stato ospitato in quel grembo che ora stava per lasciare. Vedemmo il braccio meccanico agire con lentezza, muoversi, aggangiare il satellite, e sollevarlo.
Questa qui sotto è esattemente l’immagine che ho visto quella notte dal vivo, nell’emozione di tutti i presenti.
Il momento più critico stava per arrivare; presto il braccio avrebbe effettuato l’operazione di sgancio e Eureca sarebbe rimasto in orbita da “solo” senza più la connettività fisica e comunicativa con lo Shuttle e la NASA.
Il braccio sganciò Eureca e in un attimo lo vedemmo fluttuare ed allontanarsi.
In quei momenti tutto poteva accadere, un guasto, un danno, la perdita della telemetria e del satellite. Niente di tutto questo. Applausi e grida di gioia.
Andò tutto bene ed alla fine della sua missione Eureca è rientrato sulla Terra senza danni. Credo sia uno dei rari casi per veicoli spaziali senza equipaggio.
È stato uno dei momenti più emeozionanti che ho vissuto lavorando.
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